Asiago in difficoltà contro i Mammuth sul campo di Via Tito

E’ stata senza ombra di dubbio la partita casalinga più bella (fin ora) di tutta la stagione quella disputatasi sabato scorso tra i Mammuth e gli Asiago Vipers. I capitolini, ai quali mancavano alcuni giocatori importanti come Santilli, hanno giocato il più bell’hockey degli ultimi tempi, riuscendo a tenere la qualità di gioco altissima per tutti 50 i minuti, senza mai deconcentrarsi e abbassare la guardia.

L’ottimo primo tempo con in porta un Adriano Meli in buona forma (12 parate) è finito 3-2 per gli asiaghesi, ed è stato susseguito da un’altrettanta se non migliore seconda metà tempo questa volta con Lorenzo Pieralli tra i pali (17 parate, 1 goal).

I Mammuth durante tutto l’arco della gara hanno pressato l’avversario, costringendolo a rimanere anche in Even Strength (parità numerica) a lungo nella propria metà campo, schiacciati in difesa. La buona reattività – ed un pizzico di fortuna – hanno permesso al portiere dei Vipers, Riccardo Martini, di parare in totale 31 tiri (contro i 29 subiti dai romani) e lasciar fuori dalla rete anche dischi che dalla panchina giallorossa sembravano già buoni per l’esultanza. D’altro canto, i Mammuth sono stati bravi anche a resistere in penalty killing, permettendo agli avversari di segnare soltanto 2 volte (di cui una rete in doppia inferiorità) su 7 penalità prese e cercando numerose volte il contropiede per un eventuale gol anche se con un uomo in meno.

“La vittoria sarebbe stata meritatissima” – commentano dalla dirigenza dei Mammuth. – “Chi era presente al Palamunicipio ha visto una partita emozionante e di alto livello, la nostra migliore prestazione [oltre ovviamente la vittoria sul Piacenza – ndr.] della stagione. Abbiamo mantenuto la lucidità mentale che spesso nelle precedenti gare ci ha condannati negli ultimi 10 minuti di gioco, e questo ci ha permesso di continuare ad attaccare e cercare il pareggio fino all’ultimo secondo. Purtroppo non è arrivato, e ne siamo ovviamente dispiaciuti, ma ci rallegra sapere che abbiamo dimostrato quello di cui siamo realmente capaci, e non è un caso.”

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